Le misure di rendimento
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- Prima pubblicazione: 09 Maggio 2019
«Misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è».
Galileo Galilei
Questo articolo fa parte del Percorso intermedio, pensato per chi possiede già le basi e vuole approfondire strategie di investimento e concetti teorici per una comprensione più approfondita della finanza. In fondo alla pagina, troverai il link al prossimo articolo del percorso.
Misurare il rendimento di uno strumento finanziario o di un insieme di strumenti (il “Portafoglio”), significa esprimere in termini percentuali quanto il suo valore sia aumentato o diminuito in un determinato intervallo temporale, tramite quello che definiamo “tasso di rendimento”.
Generalmente, l’unità di riferimento è l’anno.
Non si deve confondere il tasso di rendimento con il tasso di interesse. Quest’ultimo, di norma, è noto fin dal tempo 0 e permette di calcolare il montante al tempo t, con o senza reinvestimento degli interessi: da qui deriva la distinzione tra interesse semplice e composto.
Il tasso di rendimento, invece, viene determinato al tempo t ed è una funzione del valore del portafoglio alla fine del periodo (Vt) e di quello iniziale (Vi).
Esistono molte modalità di calcolo del tasso rendimento ma le più conosciute ed utilizzate sono il Time-Weighted Rate of Return (TWRR), il Money-Weighted Rate of Return (MWRR) e le loro approssimazioni, come il metodo di Dietz (semplice e modificato), spesso usato quando non si dispone di valutazioni quotidiane.
Indice
- Il tasso di rendimento time-weighted (TWRR)
- Le approssimazioni: il metodo Dietz
- Il tasso di rendimento money-weighted (MWRR)
1. Il tasso di rendimento time-weighted (TWRR)
La formula di calcolo base è la seguente:
\begin{equation} r=\left(\frac{V_t-V_i}{V_i}\right) \end{equation}
Dove:
Vt = valore finale del portafoglio.
Vi = valore iniziale del portafoglio.
Ipotizzando un valore finale di 120 ed uno iniziale di 100 euro, il tasso di rendimento semplice sarà pari a:
\begin{equation} \left(\frac{120-100}{100}\right)=0,20=20\% \end{equation}
Allo stesso risultato potevamo arrivare dividendo il valore finale per quello iniziale, togliendo poi 1 da quanto ottenuto:
\begin{equation} \left(\frac{V_t}{V_i}\right)-1\ =1,20-1=0,20=20\% \end{equation}
Se il valore finale è inferiore a quello iniziale, il tasso di rendimento è negativo e misura la perdita percentuale del portafoglio nell’unità di tempo considerata.
L’equazione precedente può essere riscritta nel modo seguente:
\begin{equation} 1+r=\frac{V_t}{V_i} \end{equation}
La quantità Vt/Vi è ottenibile anche moltiplicando i rapporti tra valori finali e iniziali dei sottoperiodi che compongono il periodo principale t:
\begin{equation} \frac{V_1}{V_i}+\frac{V_2}{V_1}+\frac{V_3}{V_2}+...+\frac{V_t}{V_{t-1}}=\frac{V_t}{V_i}=1+r \end{equation}
Per sostituzione, si può facilmente verificare che l’equazione precedente si può anche scrivere nel modo seguente:
\begin{equation} (1+r_1)(1+r_2)(1+r_3)\ ...\ (1+r_t)=1+r \end{equation}
Un modo alternativo e molto diffuso per calcolare il TWRR è lo Unit Price Method, simile a quello usato dai fondi comuni d'investimento.
Invece di monitorare l’intero valore del portafoglio, il patrimonio viene suddiviso in un certo numero di quote. Quando entra nuovo capitale, si emettono nuove quote al prezzo corrente; il prezzo della quota non varia a causa del versamento.
Il rendimento si ottiene quindi confrontando semplicemente il prezzo finale della quota con quello iniziale.
Per illustrarne il funzionamento, riprendiamo i valori dell’esempio precedente (Vi=100, Vt=120).
Poniamo di partire con 100 euro e di fissare il prezzo della quota a 10 euro: il portafoglio sarà composto da 10 quote iniziali. Se il mercato sale e il valore raggiunge 120 euro, il prezzo della quota passa a 12 euro (+20%).
A questo punto, decidiamo di versare altri 120 euro. Il patrimonio totale sale a 240 euro, ma con il nuovo capitale acquistiamo quote aggiuntive al prezzo corrente di 12 euro, ottenendo 10 quote in più.
Il portafoglio conta ora 20 quote che valgono 12 euro ciascuna. Se in seguito il mercato cresce del 10%, il patrimonio raggiunge 264 euro e il prezzo della quota diventa 13,20 euro (264 / 20).
Il rendimento finale coincide con il rapporto tra il prezzo finale e quello iniziale della quota:
\begin{equation} \left(\frac{13,20}{10}\right) - 1 = 32\% \end{equation}
L’esempio aiuta a risolvere un dubbio frequente: si sente spesso dire che il TWRR ignora i flussi di cassa; eppure, nel calcolo appena mostrato, i flussi vengono utilizzati per determinare il numero di quote.
Non c’è alcuna contraddizione. Affermare che il TWRR non considera i flussi significa trattarli in modo da neutralizzarne l’effetto potenzialmente distorsivo.
Con il metodo delle quote, il versamento fa aumentare sia il patrimonio sia il numero di quote, senza modificare il prezzo della quota nel momento in cui avviene il flusso.
In questo modo, il rendimento misura soltanto l’abilità del gestore, indipendentemente dall’entità o dal tempismo dei versamenti.
Il TWRR risulta quindi adatto per valutare e confrontare le performance dei gestori, perché elimina l’impatto delle decisioni di versamento o prelievo, che dipendono più dal cliente che dal gestore.
2. Le approssimazioni: Il metodo Dietz
Calcolare il TWRR in modo rigoroso richiede di conoscere il valore esatto del portafoglio ogni volta in cui avviene un flusso di cassa.
Per molti investitori questo può risultare impegnativo o tecnicamente complesso. Per semplificare la procedura, negli anni ’60 Peter Dietz propose delle formule approssimative che permettono di stimare il rendimento senza dover effettuare valutazioni continue.
Per comprendere meglio la differenza tra il metodo semplice e quello modificato, consideriamo il seguente esempio riferito a un mese di 30 giorni:
Valore Iniziale (Vi): 1.000 euro
Valore Finale (Vt): 1.050 euro
Versamento (C): +400 euro effettuato il 24° giorno del mese.
Osserviamo subito che il guadagno netto, in termini monetari, è: 1.050 − 1.000 − 400 = −350 euro
Il portafoglio ha quindi subito una perdita assoluta, nonostante il valore finale risulti superiore a quello iniziale, a causa dell’entità del versamento effettuato.
1. Metodo Dietz Semplice
Questo approccio presume che tutti i flussi di cassa si verifichino esattamente a metà del periodo, rendendolo molto rapido da applicare:
\begin{equation} r = \frac{V_t - V_i - C}{V_i + \frac{C}{2}} \end{equation}
Dove:
Vt = Valore finale
Vi = Valore iniziale
C = Flussi di cassa netti totali
Il numeratore esprime il guadagno netto, cioè il valore finale meno il valore iniziale e i versamenti. Il denominatore rappresenta invece il capitale medio investito, dato che si ipotizza che i nuovi flussi restino investiti per metà del periodo.
Riprendendo il nostro esempio precedente, avremo:
Numeratore (guadagno o perdita): 1.050 − 1.000 − 400 = −350
Denominatore (capitale medio): 1.000 + (400 / 2) = 1.000 + 200 = 1.200
Risultato: −350 / 1.200 = −29,16%
Il metodo semplice, quindi, considera i 400 euro come se fossero stati esposti al rischio per metà mese, aumentando il denominatore (il capitale medio investito) a 1.200 euro.
2. Metodo Dietz Modificato
Per ottenere una stima più accurata, si utilizza il Dietz Modificato, che pondera ogni singolo flusso di cassa in base al tempo effettivo in cui rimane investito:
\begin{equation} r = \frac{V_t - V_i - C}{V_i + \sum (C_j \times W_j)} \end{equation}
In questa formula, ogni flusso Cj viene moltiplicato per un peso Wj che rappresenta la frazione di periodo ancora disponibile. Se il versamento avviene il primo giorno, il peso è vicino a 1; se avviene l'ultimo giorno, il peso è prossimo a 0.
Nel nostro esempio, il versamento è stato effettuato il 24° giorno di un mese di 30 giorni. Il capitale è quindi rimasto investito per 6 giorni; la frazione di tempo rimanente è:
\begin{equation} W_j = \frac{30 - 24}{30} = 0,2 \end{equation}
Nella formula modificata, il numeratore resta invariato rispetto al metodo semplice. Cambia invece il denominatore: il capitale aggiuntivo pesa solo per il 20%. Si ottiene quindi: 1.000 + (400 × 0,20) = 1.000 + 80 = 1.080.
Il risultato è pari a −350 / 1.080 = −32,40%.
Il Dietz Modificato restituisce una perdita percentuale più elevata (−32,40%) rispetto al Dietz Semplice (−29,16%) perché riconosce che i 400 euro sono entrati quasi a fine mese e non hanno partecipato alla maggior parte delle variazioni negative.
Di conseguenza, il capitale effettivamente esposto al rischio è più contenuto (1.080 contro 1.200) e, dividendo la stessa perdita assoluta (−350) per un denominatore più basso, la perdita percentuale risulta più alta.
3. Il tasso di rendimento money-weighted (MWRR)
Nella pratica può accadere che, durante la vita di un investimento, si effettuino versamenti e prelievi con una certa frequenza.
In queste situazioni, limitarsi a sottrarre la somma iniziale da quella finale non permette di misurare correttamente la reale crescita o riduzione del capitale, perché il valore finale è il risultato combinato di diversi elementi:
- Somme versate, che si sono capitalizzate in base ai rendimenti ottenuti nel tempo.
- Prelievi effettuati nel corso dell'investimento.
Quando sono presenti questi flussi in entrata e in uscita, la formula semplice non è più adeguata a stimare il rendimento. Serve invece un metodo che consideri per quanto tempo ogni flusso di capitale è rimasto effettivamente investito.
Il MWRR coincide sostanzialmente con il Tasso Interno di Rendimento (Internal Rate of Return - IRR). È quel tasso unico che, applicato a tutti i flussi (iniziali e successivi), eguaglia il valore finale del portafoglio.
Il MWRR è il tasso r che risolve la seguente equazione:
\begin{equation} V_f=V_i(1+r)+\sum_{j=1}^{K}{C_j(1+r)}^{W_j} \end{equation}
Dove:
Cj = flusso di capitale in entrata o in uscita al giorno j.
Wj = peso che deve essere applicato a ciascun flusso di capitale, calcolato come segue:
\begin{equation} W_j=\frac{G_T-G_j}{G_T} \end{equation}
GT = giorni totali dell’investimento.
Gj = numero di giorni trascorsi dall’inizio dell’investimento (inclusi i weekend e i giorni festivi).
La formula chiarisce bene perché questo tasso venga definito money-weighted: ogni flusso di capitale, sia quello iniziale (Vi ) che i diversi Cj, incide sul rendimento finale in proporzione al proprio valore.
Se desideriamo ottenere un tasso di rendimento complessivo più elevato, saranno soprattutto i flussi più consistenti a dover generare i risultati migliori.
In altre parole, il MWRR è il tasso di rendimento di un portafoglio ponderato in base all'entità delle somme di capitale effettivamente investite.
Per cogliere la differenza tra TWRR e MWRR, consideriamo il seguente esempio. Si parte con 100 euro e il mercato raddoppia, portando il valore a 200 euro (+100%). Spinti dall’entusiasmo, si aggiungono altri 1.000 euro, così il portafoglio sale a 1.200 euro. Nel periodo successivo, il mercato crolla e il valore del nostro portafoglio scende a 700 euro.
Il TWRR valuta come si è comportato il portafoglio nei due periodi. Il primo registra un +100%; il secondo, una perdita di circa −41,7%.
Collegando i due rendimenti si ottiene un risultato complessivo ancora positivo (circa +16%), perché questa misura considera esclusivamente la sequenza dei rendimenti generati dal portafoglio, senza legare la performance al momento in cui avete effettuato i versamenti.
Il MWRR, invece, guarda all’esperienza effettiva dell’investitore: in questo caso, abbiamo versato complessivamente 1.100 euro e ci ritroviamo con 700, con una perdita di 400 euro.
Il rendimento personale risulta quindi fortemente negativo (circa −33%), perché il metodo tiene conto del fatto che abbiamo investito una somma consistente proprio prima del crollo.
La divergenza nasce proprio da qui: il TWRR sterilizza i flussi di cassa e misura soltanto l’andamento del portafoglio, mentre il MWRR incorpora il timing dei versamenti.
Una scelta sfavorevole sul momento in cui investire può dunque produrre un risultato negativo per il cliente, anche quando il TWRR mostra una performance complessiva ancora positiva.
Nella pratica, si utilizza spesso il MWRR annualizzato.
Per calcolarlo, è necessario trovare il valore di r che risolve la seguente equazione:
\begin{equation} V_f={V_i\left(1+r\right)}^Y+\sum_{j=1}^{K}{C_j\left(1+r\right)^{W_j^y}} \end{equation}
Dove:
Y = durata dell’investimento in anni
= peso che deve essere applicato a ciascun flusso di capitale, calcolato come segue:
\begin{equation} W_j^y=Y-Y_t \end{equation}
Yt = numero di anni trascorsi dall’inizio dell’investimento (inclusi i weekend e i giorni festivi)
Quando si valutano rendimenti su più anni, è importante distinguere tra media aritmetica e media geometrica (annualizzata).
La media aritmetica tende a sovrastimare il risultato finale: se un anno otteniamo +100% e quello successivo −50%, la media aritmetica è pari al +25%. In realtà, partendo da 100 euro, arriviamo a 200 e poi torniamo a 100 euro, quindi il guadagno effettivo è pari a zero.
La media geometrica annualizzata coglie correttamente questo risultato, perché tiene conto della sequenza dei rendimenti e del loro effetto composto.
Questa differenza dipende dal cosiddetto volatility drag, ovvero l’impatto negativo che la variabilità dei rendimenti esercita sul capitale nel tempo.
Quando una serie di rendimenti oscilla molto, anche senza una tendenza chiara verso l’alto o verso il basso, il valore finale tende a essere più basso rispetto a quanto suggerito dalla media aritmetica.
Le perdite pesano infatti più dei guadagni equivalenti: una discesa del 50% richiede un rialzo del 100% per tornare al punto di partenza: il rendimento composto ne risente e la media geometrica ne riflette l’effetto, mentre quella aritmetica lo ignora.
È utile ricordare anche la distinzione tra rendimenti lordi (gross of fee) e netti (net of fee).
Il rendimento lordo misura la capacità d’investimento del gestore senza considerare i costi, trattando le commissioni come flussi esterni o escludendole dal calcolo. Il rendimento netto, invece, sottrae i costi di gestione ed è l’unico indicatore che riflette la crescita effettiva del portafoglio del cliente.
Per comprendere l’impatto dei rendimenti nel tempo, è utile spostare l’attenzione dal loro calcolo alle conseguenze che producono sul capitale dell’investitore.
Il tasso di rendimento money-weighted, complessivo o annualizzato, rappresenta la misura più rilevante per un investitore, perché descrive con precisione l’andamento effettivo del proprio portafoglio. Insieme al fattore tempo, è l’elemento che consente a un investimento finanziario di crescere attraverso la capitalizzazione composta.
Il meccanismo della capitalizzazione composta è intuitivo, ma la sua forza viene spesso sottovalutata. Quando il capitale genera un rendimento e questo non viene prelevato, si aggiunge al capitale iniziale.
Nel periodo successivo, l’importo più elevato produrrà a sua volta un rendimento, alimentando un effetto cumulativo che si rafforza anno dopo anno.
Finché il rendimento annualizzato rimane positivo, il capitale tende ad aumentare, con una velocità che dipende sia dall’entità del rendimento sia dalla durata dell’investimento.
È il processo che permette agli investimenti finanziari di crescere in modo esponenziale nel lungo periodo, senza alcuna formula misteriosa.
Realizzarne appieno il potenziale, però, non è semplice. Un rendimento sufficientemente elevato richiede di assumere un certo livello di rischio, poiché i tassi privi di rischio non consentono di far crescere il capitale in maniera apprezzabile in tempi ragionevoli.
Inoltre, il processo ha bisogno di un orizzonte temporale lungo: per iniziare a vedere risultati apprezzabili possono servire almeno due decenni e, per una crescita importante, spesso ne occorrono ancora di più.
Il Percorso intermedio continua con l'articolo Misure di rischio.
