La propensione al rischio dell'investitore
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- Prima pubblicazione: 15 Settembre 2019
«L'uomo non può scoprire nuovi oceani se non ha il coraggio di perdere di vista la riva».
André Gide
Questo articolo fa parte di una serie intitolata Il compendio dell'investitore. In fondo alla pagina, troverai l'elenco degli altri articoli della raccolta inclusi nel Percorso per principianti, pensato per chi desidera apprendere le basi della finanza personale e degli investimenti.
Fino a pochi secoli fa, la vita era vista come un susseguirsi di eventi guidati dal caso, al di fuori di ogni possibile controllo degli uomini.
Il rischio faceva parte della natura e le persone lo subivano: il futuro appariva come una sequenza di avvenimenti casuali e incontrollabili.
L'analisi probabilistica, e con essa quella del rischio, può essere fatta risalire al 1654. Blaise Pascal e Pierre de Fermat gettarono le basi matematiche della teoria della probabilità in uno scambio epistolare in cui riuscirono a risolvere un problema vecchio di 150 anni: come dividere la posta in un gioco d’azzardo interrotto prima della fine, con un giocatore in vantaggio sull’altro.
Oggi, l'analisi del rischio è una vera e propria disciplina di studio. La Society for Risk Analysis la suddivide in cinque aree: fondamenti, valutazione, percezione e comunicazione, gestione e risoluzione dei problemi di rischio reale.
In questo articolo, ci concentreremo su un particolare aspetto del rischio legato agli investimenti finanziari: la propensione al rischio dell'investitore.
Si tratta di un tratto profondamente personale e soggettivo, quasi una parte del nostro carattere, che influenza il modo in cui viviamo l’esperienza dell’investimento.
Una delle regole base della finanza è che il rischio e il rendimento vanno sempre di pari passo: piacerebbe a tutti ottenere rendimenti alti rischiando poco, ma il mondo finanziario non funziona così.
Un rendimento più elevato è, in sostanza, il compenso che il mercato offre a chi accetta una maggiore incertezza.
La misura più comune del rischio finanziario è la volatilità, misurata di solito con la deviazione standard annualizzata dei rendimenti.
Si preferisce la deviazione standard alla varianza perché è più intuitiva: ha la stessa unità di misura dei rendimenti osservati, a differenza della varianza che ne rileva il quadrato.
Perché un titolo volatile è considerato rischioso?
Perché maggiore volatilità significa variazioni più frequenti e ampie nei rendimenti, talvolta molto brusche.
Se è vero che le oscillazioni positive sono ben accette, quelle negative rappresentano invece il più grande tormento per gli investitori: la loro ampiezza e frequenza incidono sulla probabilità di chiudere un investimento in perdita e sull’entità della perdita stessa.
Facciamo un esempio pratico:
- Fondo monetario (bassa volatilità, circa 2% annuo): nella maggior parte dei casi, il suo rendimento annuale si discosterà di poco dalla sua media. Se il rendimento atteso è del 2%, ci si aspetta che il risultato finale si trovi solitamente tra lo 0% (2% − 2%) e il 4% (2% + 2%). Le sorprese sono rare e contenute.
- Fondo azionario tecnologico (alta volatilità, circa 30% annuo): ipotizzando un rendimento atteso dell'11%, il risultato si muoverà in genere in un intervallo molto più ampio: tra il −19% (11% − 30%) e il +41% (11% + 30%). La variazione è enorme e i risultati estremi sono molto più distanti.
Ecco perché i titoli monetari sono considerati poco rischiosi e quelli azionari molto rischiosi, con varie gradazioni intermedie.
Nel lungo periodo, i mercati tendono a crescere. Alcuni lo fanno più velocemente di altri, seppure in maniera più erratica. Il loro rendimento atteso deve essere positivo: se fosse negativo, nessuno vorrebbe investirci.
Più a lungo si detiene un titolo, maggiore è la probabilità di non subire perdite: il tempo aiuta ad assorbire le fasi negative, dando al mercato la possibilità di recuperare e crescere.
La durata minima dell'investimento è il risultato di un compromesso:
- Per aumentare la probabilità di chiudere un investimento in guadagno, devo rimanere il più a lungo possibile sul mercato.
- D'altra parte, quanto più lungo è il periodo, tanto meno attraente risulta l'investimento, poiché l’essere umano tende a volere risultati immediati. I progetti di lungo termine sono spesso poco seducenti: mantenere a lungo l’attenzione sugli obiettivi e sui benefici futuri richiede uno sforzo che molti faticano a sostenere.
Un portafoglio finanziario va costruito su misura per ogni cliente, poiché ciascuno ha un livello diverso di tolleranza alle oscillazioni di valore di un investimento.
La propensione al rischio rappresenta la tolleranza emotiva di un investitore. Come ricordato nell'articolo sull'orizzonte temporale, è importante distinguere tra la capacità di assumere rischio (un aspetto oggettivo legato a patrimonio, reddito e durata dell’investimento) e la volontà di farlo (un dato soggettivo che dipende dalla personalità e dall’attitudine individuale).
Il rischio assume molte forme e un investitore deve saper affrontare sia le oscillazioni continue dei rendimenti del proprio portafoglio, sia i drawdown, ovvero i cali di valore rispetto a un picco precedente, che inevitabilmente si verificheranno.
L’entità, la frequenza e la durata media dei drawdown influenzano l’investitore anche dal punto di vista psicologico, in misura proporzionale alla sua propensione al rischio.
Minore è la tolleranza a questi cali, più bassa sarà la propensione al rischio e maggiore dovrebbe essere l’attenzione verso strumenti finanziari a bassa volatilità.
In caso contrario, è probabile che l’investitore si ritrovi in una condizione di forte stress psicologico: la paura che la perdita aumenti può prendere il sopravvento, spingendolo a liquidare la posizione ben prima del termine previsto.
Il risultato sarebbe una vendita anticipata in perdita, esattamente l’opposto dell’obiettivo iniziale di chiudere l’investimento al momento giusto, con un guadagno.
Se il vostro portafoglio finanziario non vi trasmette serenità, le cause possono essere due:
- Avete scelto un investimento dal profilo di rischio superiore a quello che la vostra propensione vi permette di sostenere.
- Il profilo di rischio è adeguato, ma la somma investita è eccessiva. Anche un investimento a basso rischio può generare ansia se rappresenta il 100% del patrimonio e temiamo di perderne anche una piccola parte. Questa valutazione va fatta considerando la presenza di un fondo di liquidità, le entrate periodiche e il patrimonio complessivo.
In entrambi i casi, è necessario intervenire per riportare sia il rischio dell’investimento sia l’ammontare investito a livelli gestibili.
Non tutti conoscono la propria propensione al rischio. Un compito centrale della consulenza finanziaria è aiutare l’investitore, soprattutto se inesperto, a quantificarla.
Spesso, però, neppure il consulente sa come affrontare al meglio questa fase: un semplice questionario con poche domande generiche o la descrizione dettagliata dell’investimento proposto non sono strumenti sufficienti.
La vera comprensione della propensione al rischio nasce da un dialogo approfondito. L’ideale è partire da una conversazione che faccia emergere l’intenzione alla base dell’investimento e lo scenario futuro che si desidera realizzare.
L'investitore dovrebbe essere pienamente consapevole della sua intenzione d'investimento e riuscire a mantenerla viva per tutta la durata dell'investimento.
Non è un compito semplice: gli esseri umani non agiscono in base a ciò che sanno o provano, ma in funzione del significato che attribuiscono alle situazioni che gli si presentano. Il ruolo del consulente è fornire gli strumenti per interpretare correttamente quei significati.
Per un’analisi più approfondita, si rimanda alla seconda parte dell’articolo Perché gli investitori sono irrazionali?
La collezione di articoli "IL COMPENDIO DELL'INVESTITORE" contiene:
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