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John Stuart Mill, l'ultimo economista classico

John Stuart Mill, l'ultimo economista classico


13Apr2024

Information
Andrea Gonzali Storia del pensiero economico 316 hits
Prima pubblicazione: 10 Marzo 2024

«If all mankind minus one were of one opinion, and only one person were of the contrary opinion, mankind would be no more justified in silencing that one person, than he, if he had the power, would be justified in silencing mankind».

John Stuart Mill

John Stuart Mill, nato nel 1806 e figlio di James Mill, è considerato uno dei più importanti economisti post-ricardiani. È stato definito l’ultimo degli economisti classici e, secondo alcuni studiosi, un antesignano dell’economia neoclassica.

Nell’ambito della filosofia politica, Mill si fa notare per il suo approccio innovativo al liberalismo, come dimostrato nel suo lavoro “On Liberty” del 1859, in cui si fa promotore dell’emancipazione delle donne e del movimento cooperativo in Inghilterra, oltre che della libertà di parola e di stampa.

In economia, l'opera fondamentale di John Stuart Mill è stata "Principles of Political Economy". Pubblicato per la prima volta nel 1848, questo lavoro riscosse un enorme successo, tanto da raggiungere la settima edizione quando l’autore era ancora in vita.

Mill ha dato un contributo molto importante alla teoria economica, sostenendo che l’economia politica sia una scienza deduttiva. Per la sua comprensione, ha sottolineato come sia essenziale partire da premesse universali per capire meccanismi economici fondamentali quali, ad esempio, la domanda e l’offerta, i principi che regolano la distribuzione del reddito e la teoria del valore.

Nella sua analisi, gli individui agiscono in maniera razionale e perseguono il proprio interesse (homo oeconomicus).

Mill distingue, inoltre, le leggi naturali che regolano la produzione di ricchezza da quelle sociali e istituzionali che ne influenzano la distribuzione, mettendo in luce come quest’ultima sia modellata da fattori storici e sociali anziché da un “ordine naturale”: questa prospettiva evidenzia l’importanza delle strutture istituzionali nella ripartizione della ricchezza.

Indice

  1. La teoria del valore
  2. La teoria della distribuzione
  3. La teoria dello stato stazionario

1. La teoria del valore

Mladen Stilinovic, Dollar Without Value (1993)

«I have learned to seek my happiness by limiting my desires, rather than attempting to satisfy them».

John Stuart Mill

Nella sua analisi della teoria del valore, John Stuart Mill identifica due distinti scenari per la determinazione del valore di una merce:

  • Per i beni non riproducibili, la cui offerta è limitata, Mill sostiene che il valore di scambio dipende interamente dalla domanda. Un aumento della domanda fa crescere il valore di scambio, dato che l’offerta di questi beni rimane invariata.
  • Per i beni riproducibili, dove non c’è scarsità, la situazione è diversa. In questo caso, la domanda determina la quantità di beni prodotti e venduti, ma il valore di scambio è legato ai costi di produzione. Il valore si basa sui costi necessari per produrre il bene. Tra questi, Mill comprende tutti i costi affrontati dall’impresa, inclusi salari, materie prime, altri input produttivi e il compenso per l’imprenditore, che include sia la remunerazione per la gestione e organizzazione della produzione, sia il rischio imprenditoriale. Il rischio imprenditoriale, in particolare, viene visto da Mill come un premio per l’astinenza dal consumo immediato: si gettano le basi per quello che verrà definito profitto imprenditoriale.

La revisione della teoria del valore proposta da Mill segna un netto distacco dall’approccio ricardiano, orientato sulla teoria del valore-lavoro, per avvicinarsi a un’analisi che integra sia i costi di produzione che la dinamica esistente tra domanda e offerta.

Questa transizione verso una teoria del valore che accoglie sia il punto di vista soggettivistico che il marginalismo sottolinea l’importanza delle preferenze dei consumatori che, insieme ai costi di produzione, determinano il valore di scambio di un bene.

2. La teoria della distribuzione

Vladimir Makovsky, The day of the distribution of pensions at the treasury (1876)

«What has destroyed every previous civilization has been the tendency to the unequal distribution of wealth and power».

Henry George

Mill arricchisce significativamente il dibattito economico: oltre alla teoria del valore, amplia la comprensione dei meccanismi della distribuzione del reddito e getta le fondamenta per future elaborazioni teoriche nell’ambito dell’economia politica.

Per capire la teoria della distribuzione di John Stuart Mill, si deve partire dalla teoria dell’astinenza e quella del fondo-salari.

La “teoria dell’astinenza” descritta da Mill – che riprende e sviluppa concetti introdotti da Nassau Senior e poi elaborati da Alfred Marshall – sostiene che il guadagno dei capitalisti derivi dalla loro capacità di posticipare i consumi per finanziare anticipatamente le spese di produzione. In cambio, ricevono una remunerazione proporzionale alla quantità e alla durata di tale astinenza.

Questo aspetto è cruciale per comprendere la formazione dei profitti all’interno del sistema economico.

Riguardo ai salari e all’occupazione, invece, Mill adotta la teoria del fondo-salari, principio dominante nell’analisi del mercato del lavoro pre-neoclassica.

Questa teoria, formulata in maniera più approssimativa fin dal XVII secolo, postula che il pagamento dei salari avvenga prima della produzione e della vendita del prodotto: prende in considerazione la situazione dei lavoratori, che non hanno entrate da beni di proprietà e tendono a spendere subito ciò che guadagnano.

In altre parole, la teoria del fondo-salari mette in evidenza come le anticipazioni salariali siano essenziali per la riproduzione della forza lavoro, permettendo ai lavoratori di mantenere sé stessi e le proprie famiglie all’inizio di ciascun ciclo produttivo.

Il salario anticipato diventa perciò un costo fondamentale per l’impresa ed ha un ruolo vitale nel sostentamento dei lavoratori.

Collegando la teoria dell’astinenza a quella del fondo-salari, Mill dimostra come l'accumulazione e la distribuzione del reddito non siano processi indipendenti, dato che vengono influenzati dalle decisioni individuali riguardanti il risparmio, l'investimento e il consumo.

L’astinenza dei capitalisti, infatti, favorisce l'accumulazione di capitale e determina la capacità della società di pagare i salari, influenzando così direttamente la distribuzione del reddito.

La teoria del fondo-salari, d’altra parte, sottolinea l'importanza delle decisioni economiche dei capitalisti nella determinazione delle opportunità di lavoro e dei livelli di salario, integrando i concetti di produzione, distribuzione e consumo all'interno dell'economia.

La teoria del fondo-salari verrà in seguito ampliata da Henry Dunning Macleod. Per Macleod, il fondo salari può crescere anche facendo ricorso al credito bancario.

L’analisi di Macleod introduce il concetto di endogeneità dell’offerta di moneta: inquadra la teoria del fondo-salari in una visione macroeconomica che include la banca e il credito.

Si tratta di un approccio che mantiene alcuni principi classici relativi al mercato del lavoro, ma apre a nuove interpretazioni sul ruolo e sulla gestione della moneta nell’economia, offrendo quindi una prospettiva più articolata e aderente alle dinamiche economiche contemporanee.

3. La teoria dello stato stazionario

Samuel Bak, Time has Come to a Stop (1965)

«Una delle prime condizioni di felicità è che il legame tra l’uomo e la natura non si rompa».

Lev Tolstoj

La teoria dello stato stazionario di John Stuart Mill è innovativa e molto diversa rispetto all’idea prevalente del suo tempo – quella di Ricardo – che prevedeva un declino del capitalismo dovuto alla diminuzione dei profitti.

Mill, al contrario, vede nello stato stazionario non una minaccia, ma un’opportunità per il miglioramento della società.

Per Mill, un’economia che non è più in crescita offre la possibilità di spostare l’attenzione dall’accumulazione materiale verso il progresso morale e intellettuale. Questo cambio di paradigma suggerisce che lo scopo dell’attività economica non dovrebbe essere semplicemente l’accumulo del capitale, ma il benessere generale, che comprende lo sviluppo culturale e morale della comunità.

Le conseguenze del pensiero di Mill sull’economia stazionaria includono:

  • Una rivalutazione del ruolo del consumo. Mill propone di rivedere il concetto di successo economico, passando da un’enfasi sulla produzione e accumulazione senza fine alla valorizzazione del consumo in senso ampio, ovvero come realizzazione delle potenzialità umane. Questa visione promuove un’idea di progresso economico misurato non più in termini di quantità, ma di qualità della vita e sviluppo personale.
  • La legittimazione del concetto di equilibrio economico generale. La visione di Mill di un’economia che può sostenersi in uno stato di equilibrio statico a lungo termine fornisce fondamenti teorici per l’idea di equilibrio economico generale, in seguito formalizzata da Léon Walras.

La teoria dello stato stazionario di Mill critica l’obiettivo della crescita economica perpetua e propone un approccio più olistico all’economia, che privilegia l’equilibrio, la sostenibilità, e lo sviluppo umano come fini ultimi.

Anticipando questioni di grande rilevanza contemporanea come, appunto, il bilanciamento tra crescita e sostenibilità ambientale e l’orientamento dell’economia verso il miglioramento della qualità della vita, Mill offre spunti preziosi per un ripensamento dell’economia che va oltre il mero accumulo di beni materiali.


La collezione di articoli sulla "Storia del pensiero economico" contiene:

1. Il progetto di organizzazione sociale di Platone

2. La critica di Aristotele alla dottrina economica di Platone

3. Tommaso d'Aquino

4. Il mercantilismo

5. I fisiocratici

6. L'economia classica: un nuovo approccio all'economia politica

7. L'economia classica: Smith e Ricardo – Il valore della merce

8. L'economia classica: La distribuzione del reddito

9. L'economia classica: Jean-Baptiste Say

10. L'economia classica: il pensiero di Malthus e Sismondi

11. L'economia classica: Il cammino verso lo stato stazionario e il commercio estero

12. L'economia classica: John Stuart Mill, l'ultimo economista classico

13. Il socialismo utopistico di Charles Fourier

14. Karl Marx

15. L'economia politica neoclassica

16. John Maynard Keynes

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