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Preferenze di rischio 3 - Prospect Theory: applicazioni pratiche in economia, finanza, sport e management

8. Perché facciamo certe scelte? La Prospect Theory nella vita quotidiana


07Lug2025

Information
Andrea Gonzali Finanza comportamentale 64 hits
Prima pubblicazione: 07 Luglio 2025 Stampa

«Vorrei ricordare alla gente che il bello può splendere nel quotidiano».

Robert Doisneau

La Prospect Theory (Teoria del Prospetto), formulata da Kahneman e Tversky nel 1979, ha permesso di migliorare la nostra comprensione dei processi decisionali.

Secondo questa teoria, l’utilità percepita dagli individui non dipende dai livelli assoluti di ricchezza o consumo, bensì dai cambiamenti rispetto a un punto di riferimento.

Dopo aver presentato la Prospect Theory sotto il profilo teorico nell'articolo Preferenze di rischio, parte II: la Prospect Theory, esamineremo ora alcune delle sue applicazioni nella vita quotidiana, accompagnate da evidenze empiriche che ne confermano la validità.

Indice

  1. Offerta di lavoro e comportamento individuale
  2. Mercato immobiliare
  3. Finanza e mercati azionari
  4. Sport: maratona e golf
  5. Politiche aziendali e reazione del mercato
  6. Implicazioni personali e manageriali
  7. Conclusioni

1. Offerta di lavoro e comportamento individuale

Paul Cezanne, A Painter at Work (1875)

Secondo la teoria economica tradizionale, un lavoratore dovrebbe aumentare le ore lavorate quando il suo salario orario cresce, perché in questo modo può massimizzare il suo reddito complessivo.

Eppure, quando vengono influenzate da un punto di riferimento le preferenze individuali possono generare comportamenti apparentemente controintuitivi.

Il caso dei tassisti di New York

Uno studio condotto da Camerer e altri autori, tra cui il premio Nobel Richard Thaler, ha analizzato il comportamento dei tassisti di New York prima dell’arrivo di Uber.

I tassisti affittavano il taxi per turni di 12 ore a una tariffa fissa e decidevano autonomamente quanto tempo lavorare.

I loro guadagni orari variavano in base a fattori esterni come il meteo, interruzioni della metropolitana o grandi eventi che si svolgevano in città.

Il risultato di questo studio è stato sorprendente, dal momento che le ore di lavoro risultavano negativamente correlate con il guadagno orario: nei giorni in cui le tariffe erano più alte, i tassisti tendevano a lavorare meno.

Si tratta di un risultato inconciliabile con la teoria neoclassica, che invece suggerirebbe di sfruttare i giorni più redditizi per lavorare di più.

Quali sono le possibili spiegazioni di questo risultato?

L’interpretazione proposta alla luce della Prospect Theory è che i tassisti fissassero un obiettivo giornaliero di reddito come punto di riferimento.

Supponiamo, ad esempio, che un tassista miri a guadagnare 150 dollari al giorno: in una giornata piovosa, con una tariffa oraria elevata (ad esempio 30 $/ora al netto dei costi), raggiunge l’obiettivo in sole 5 ore. Raggiunto l’obiettivo, decide di smettere di lavorare.

In una giornata di sole, con tariffe più basse (15 $/ora al netto dei costi), per ottenere lo stesso reddito è costretto a lavorare 10 ore.

Così facendo, finisce per lavorare di meno proprio quando guadagna, in media, di più per ogni ora.

Il passaggio dal “dominio delle perdite” (in cui l’utilità marginale è elevata) al “dominio dei guadagni” (in cui l’utilità marginale cala, per via della sensibilità decrescente) spiega il comportamento: una volta raggiunto l’obiettivo, ogni euro guadagnato in più offre meno soddisfazione rispetto al sollievo derivante dal raggiungimento del target.

Lo studio è stato oggetto di diverse critiche: sono stati evidenziati fattori alternativi, come l’aumento dello sforzo fisico nei giorni più redditizi (ad esempio per il caldo), vincoli di liquidità (necessità di coprire la quota fissa per l’affitto del taxi), o eventi non osservati che influenzano contemporaneamente l’offerta di lavoro e la domanda (come un’influenza stagionale che riduce sia il numero di clienti, sia quello dei tassisti attivi).

Nonostante queste obiezioni, studi successivi hanno continuato a confermare che le decisioni lavorative risentono dell’esistenza di obiettivi di riferimento, e che il comportamento osservato non risulta ottimale in base alla teoria neoclassica.

Il dibattito resta aperto, ma la tendenza a lavorare fino al raggiungimento di una soglia di guadagno prefissata costituisce una prova convincente dell’importanza dei punti di riferimento nelle scelte economiche quotidiane.

2. Mercato immobiliare

Nel mercato immobiliare, il prezzo di acquisto costituisce un punto di riferimento fondamentale.

L’eventualità di un guadagno o di una perdita rispetto a tale cifra influenza le scelte di vendita.

Lo studio sui condomini di Boston

Genesove e Mayer hanno analizzato i dati dei condomini di Boston tra il 1992 e il 1997, un periodo caratterizzato da notevoli fluttuazioni dei prezzi di mercato.

L’ipotesi di partenza era che l’avversione alla perdita inducesse i proprietari a evitare la vendita se questa comportava una perdita, prendendo naturalmente come riferimento il prezzo di acquisto.

Consideriamo due venditori con immobili simili, valutati oggi 280.000 $:

  • Il venditore A aveva comprato nel 1989 a 300.000 $ e si trovava davanti a una perdita potenziale di 20.000 $.
  • Il venditore B, che aveva acquistato nel 1991 a 250.000 $, poteva invece guadagnare 30.000 $.

L’analisi dei prezzi di acquisto, di realizzo e dei tempi di permanenza sul mercato delle offerte di vendita mostra che i proprietari in perdita, come il venditore A, tendevano a fissare prezzi più elevati.

Un aumento del 10% della perdita attesa si traduceva in un prezzo di vendita maggiore di circa il 2,5-3,5 %.

Il risultato era un rallentamento delle vendite: le case restavano sul mercato più a lungo, accumulando costi di mantenimento e altri costi-opportunità.

Una critica dello studio riguarda la possibilità che i proprietari disponessero di informazioni non osservabili: ad esempio, il venditore A potrebbe aver pagato un prezzo più elevato nel 1989 perché l’immobile presentava caratteristiche migliori (come una maggiore luminosità o una posizione più silenziosa) che giustificherebbero anche in seguito un prezzo di vendita più alto.

Un elemento di forza dello studio è, invece, la distinzione tra proprietari-occupanti e investitori: gli investitori, privi di un legame emotivo con l’immobile e abituati a gestire numerose transazioni, mostrano una minore avversione alla perdita.

Il fatto che gli investitori tendano a non ancorarsi al prezzo di acquisto suggerisce che fare riferimento al valore storico non rappresenta una strategia efficiente.

Studi successivi hanno inoltre evidenziato come l’esperienza giochi un ruolo decisivo nel trading: i trader più esperti, infatti, imparano nel tempo a distaccarsi dalle emozioni associate a guadagni o perdite nominali, concentrandosi piuttosto sull’ottimizzazione del rendimento complessivo.

3. Finanza e mercati azionari

La finanza comportamentale è diventata uno dei campi più fertili per l'applicazione della Prospect Theory, anche grazie alla disponibilità di dati estremamente dettagliati sulle transazioni.

L'Effetto di disposizione (Disposition Effect)

Uno degli esempi più noti è lo studio di Odean del 1997, che ha analizzato i conti di intermediazione di una società di brokeraggio.

In questo studio, il prezzo di acquisto di ciascun titolo fungeva da punto di riferimento.

Odean ha osservato che gli investitori tendevano più spesso a vendere i titoli in guadagno per realizzare profitti a breve termine e a mantenere quelli in perdita.

Immaginiamo un investitore che acquista due titoli, X e Y, entrambi a 100 €:

  • Il titolo X sale a 120 € → titolo “vincitore”.
  • Il titolo Y scende a 80 € → titolo “perdente”.

In questa situazione, l’investitore è portato a vendere X per realizzare un guadagno, ma a conservare Y, sperando che risalga almeno fino al prezzo di carico.

Si tratta di un comportamento che prende il nome di effetto di disposizione e si manifesta nel fatto che la proporzione di guadagni è sistematicamente superiore alla proporzione di perdite realizzate.

Implicazioni e Critiche

L’atteggiamento degli investitori alla base dell’effetto di disposizione è in linea con la Prospect Theory: vendere un titolo in guadagno consente di “cristallizzare” un risultato positivo (dominio dei guadagni, con bassa utilità marginale), mentre vendere in perdita richiede di accettare una sconfitta (dominio delle perdite, con utilità marginale più ripida).

In pratica, gli investitori preferiscono evitare la sofferenza legata a una perdita definitiva, anche quando mantenere un titolo “sbagliato” in portafoglio è apparentemente irrazionale.

Alcune critiche hanno evidenziato che questo comportamento potrebbe dipendere da altri fattori (vantaggi fiscali, strategie legate al momentum di mercato, costi di transazione), ma studi più recenti continuano a suggerire che l’influenza del prezzo di acquisto come punto di riferimento sia una costante nel comportamento degli investitori.

4. Sport: maratona e golf

John Lavery, The Golf Course, North Berwick (1922)

«Il tiro più importante nel golf è il prossimo».

Ben Hogan

Anche nello sport, dove la prestazione è quantificabile in modo oggettivo, emergono dinamiche coerenti con la Prospect Theory.

In questo caso, i punti di riferimento sono rappresentati da obiettivi personali o traguardi simbolici, che influenzano l’impegno e le decisioni degli atleti.

Tempi di Arrivo nelle Maratone

Analizzando i dati di molte maratone, si nota che la distribuzione dei tempi non è uniforme: si osservano raggruppamenti subito prima di soglie temporali "rotonde", come 4 ore, 4:30 o 3:30.

Molti corridori che si trovano in prossimità di un traguardo simbolico — ad esempio, con un ritmo che li porterebbe a concludere in 4 ore e 1 minuto — tendono ad accelerare negli ultimi chilometri per chiudere invece in 3:59.

Il valore non risiede tanto nel minuto guadagnato, ma nel fatto di poter affermare di aver completato la maratona “sotto le quattro ore”.

L’obiettivo agisce come un punto di riferimento psicologico e il rischio di non raggiungerlo (perdita) motiva uno sforzo supplementare.

Superarlo di poco, invece, darebbe una soddisfazione molto minore.

Il Putting nel Golf

Nel golf, il par è il numero standard di colpi per completare una buca e rappresenta un punto di riferimento ben definito.

Il putt è un colpo corto e preciso, effettuato sul green con una mazza chiamata putter, con cui si cerca di far rotolare la pallina nella buca.

Uno studio di Pope e Schweitzer del 2011 ha mostrato che i giocatori hanno una probabilità più alta di imbucare un putt per il par rispetto a un putt della stessa distanza per il birdie (cioè un colpo sotto il par).

Lo studio conferma l’importanza di un punto di riferimento: i golfisti – anche campioni del calibro di Tiger Woods – sono più motivati a evitare la “perdita” di un colpo sopra il par (bogey), piuttosto che a cogliere l’occasione di realizzare un birdie.

Gli autori hanno escluso varie spiegazioni alternative (come differenze nella distanza o nella posizione dei putt), rafforzando l’ipotesi che sia l’avversione alla perdita a spiegare la maggiore concentrazione e precisione nell’effettuazione di un putt.

5. Politiche aziendali e reazione del mercato

Le imprese che comprendono come le preferenze dei consumatori e dei lavoratori siano influenzate da punti di riferimento ben definiti possono adattare le proprie strategie di prezzo, marketing e gestione del personale per sfruttare (o fronteggiare) i bias comportamentali.

Prezzi Rigidi (Sticky prices)

I consumatori tendono a reagire di più agli aumenti di prezzo che alle riduzioni: il prezzo precedente diventa un punto di riferimento, per cui un aumento è percepito come una perdita e porta a ridurre la spesa.

Per questo motivo, molte aziende esitano ad alzare i prezzi, temendo di perdere clienti.

Al contrario, abbassarli non sempre stimola la domanda in modo proporzionale e può rendere difficile ripristinare i livelli precedenti.

Il risultato è la rigidità di molti prezzi.

Strategie di prezzo e marketing ispirate dalla Prospect Theory

Prezzi di lancio elevati. Le aziende possono introdurre un nuovo prodotto con un prezzo inizialmente alto, per fissare un punto di riferimento elevato nella mente dei consumatori.

Le eventuali riduzioni successive mirano a rafforzare la percezione di convenienza, facendo apparire il nuovo prezzo come un’occasione rispetto al valore iniziale.

In questo modo, anche se la domanda non cresce tantissimo, l’impatto psicologico dello sconto rafforza l’attrattività del prodotto, senza compromettere il posizionamento del brand.

Sconti temporanei. Promozioni come il Black Friday non puntano a stimolare una domanda duratura attraverso una riduzione permanente dei prezzi, ma a sfruttare il prezzo abituale come punto di riferimento.

Lo sconto viene percepito come un guadagno eccezionale e, proprio perché limitato nel tempo, non modifica il riferimento di lungo periodo.

Prove gratuite e resi. Offrire periodi di prova o la possibilità di restituire facilmente un prodotto consente al cliente di sperimentarne il possesso.

Una volta che l’oggetto è nelle sue mani, si attiva l’effetto dotazione: il bene viene percepito come più prezioso, e rinunciarvi diventa una perdita.

Questa dinamica viene spesso sfruttata nella vendita di beni durevoli, come auto e immobili.

Assicurazioni e garanzie estese. I servizi come AppleCare si basano sull’avversione alla perdita: anche se il rischio di danno è basso, molti consumatori preferiscono pagare per evitare una potenziale perdita.

Per l’azienda, il vantaggio deriva dal fatto che il prezzo pagato per questa tranquillità è superiore, in media, al costo effettivo dei rimborsi.

Politiche salariali. Le imprese sono spesso riluttanti a ridurre i salari nominali, poiché ciò viene vissuto dai dipendenti come una perdita, con effetti negativi sul morale.

In tempi di crisi, molte aziende preferiscono licenziare una parte del personale anziché ridurre gli stipendi a tutti.

Questo comportamento contribuisce alla rigidità salariale, che può aggravare la disoccupazione durante le fasi recessive.

6. Implicazioni personali e manageriali

Comprendere come le preferenze siano influenzate dai punti di riferimento offre strumenti utili sia per le decisioni individuali che per la gestione efficace delle persone in contesti organizzativi.

Framing (inquadramento di una scelta). Il modo in cui viene presentata un’opzione, come un guadagno da ottenere o una perdita da evitare, può incidere profondamente sulle scelte.

Poiché le persone reagiscono più intensamente alle perdite che ai guadagni equivalenti, risulta spesso più efficace presentare un’alternativa nei termini di ciò che si rischia di perdere, piuttosto che di ciò che si potrebbe ottenere.

Gestione delle aspettative. Definire con attenzione le aspettative, proprie e altrui, è fondamentale.

Promettere troppo o creare aspettative irrealistiche può trasformare un esito comunque positivo in una delusione percepita come perdita, qualora l’obiettivo fissato non venga raggiunto.

Aggregare le perdite, segmentare i guadagni. La funzione di valore della Prospect Theory è concava per i guadagni e convessa per le perdite, il che porta a due strategie opposte in termini pratici:

  • Guadagni: è preferibile segmentarli, perché ogni piccolo guadagno aggiuntivo genera una gratificazione. Ad esempio, ricevere 10 + 10 è percepito come più soddisfacente che ricevere 20 in un’unica soluzione.
  • Perdite: è consigliabile aggregarle, perché perdite separate vengono percepite come più dolorose rispetto a un’unica perdita equivalente. Ad esempio, pagare 10 + 10 genera più dispiacere che pagare 20 tutto in una volta.

7. Conclusioni

La Prospect Theory rappresenta una chiave interpretativa molto utile per comprendere il comportamento umano in una vasta gamma di contesti concreti.

Oltre a spiegare molte scelte che appaiono irrazionali alla luce della teoria economica classica, offre strumenti pratici per progettare ambienti decisionali più efficaci, in grado di guidare le persone verso scelte migliori.

Riconoscere l’influenza dei punti di riferimento e dell’avversione alle perdite è essenziale per prendere decisioni più consapevoli e anticipare con maggiore precisione le reazioni degli individui.

In un mondo complesso, capire come decidiamo è il primo passo per decidere meglio.

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